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Protocolli e Convenzioni

Convenzioni lavoro pubblica utilità

L’amministrazione centrale e le articolazioni territoriali promuovono e firmano convenzioni, accordi e protocolli con gli enti territoriali, le organizzazioni del privato sociale, del volontariato, del lavoro e delle imprese, per realizzare progetti in particolare nell’ambito della giustizia minorile e di comunità e dell’amministrazione penitenziaria.

Introdotto dall'art. 73 comma 5-bis del d.p.r. 309/1990, il lavoro di pubblica utilità, consiste nella prestazione di un’attività non retribuita a favore della collettività da svolgere presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni o presso enti e organizzazioni di assistenza sociale o volontariato.

 La prestazione di lavoro, ai sensi del decreto ministeriale 26 marzo 2001, viene svolta a favore di persone affette da HIV, portatori di handicap, malati, anziani, minori, ex detenuti o extracomunitari; nel settore della protezione civile, nella tutela del patrimonio pubblico e ambientale o in altre attività pertinenti alla specifica professionalità del condannato.

Gli articoli 186 comma 9-bis e 187 comma 8-bis del d.lgs.285/1992, Nuovo codice della strada, come modificati, prevedono che la pena detentiva e pecuniaria per la guida in stato di ebbrezza può essere sostituita, se non vi è opposizione da parte dell'imputato, con quella del lavoro di pubblica utilità di cui all'articolo 54 d.lgs.274/2000, secondo le modalità ivi previste e consistente nella prestazione di un'attività non retribuita a favore della collettività da svolgere, in via prioritaria, nel campo della sicurezza e dell'educazione stradale presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni o presso enti o organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato, o presso i centri specializzati di lotta alle dipendenze.

Chi vi è ammesso

La sanzione è applicata all’imputato per i reati previsti dal comma 5 dell’art. 73 (produzione, traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti di lieve entità), quando non può essere concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena; viene comminata in alternativa alla pena detentiva e alla pena pecuniaria, con le modalità previste dall’art. 54 del decreto legislativo 28 agosto 2000 n. 274.

La legge L. 9 agosto 2013, n. 94 ne ha potenziato il ricorso per i tossicodipendenti introducendo il comma 5- ter che prevede che la misura possa applicarsi anche per un reato diverso da quelli previsti dal comma 5, purché commesso per una sola volta, da persona tossicodipendente o da assuntore abituale di sostanze stupefacenti o psicotrope e in relazione alla propria condizione di dipendenza o di assuntore abituale, per il quale il giudice infligga una pena non superiore ad un anno di detenzione ( salvo che si tratti di reato previsto dall'articolo 407,comma 2, lettera a), del codice di procedura penale o di reato contro la persona).

Come vi si accede

La sanzione viene disposta dal giudice su richiesta dell’imputato, con la sentenza di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’art 444 del codice di procedura penale (patteggiamento). Con la sentenza di condanna il giudice individua il tipo di attività, nonché l’ente o l’amministrazione dove deve essere svolto il lavoro di pubblica utilità. La prestazione di lavoro non retribuita ha una durata corrispondente alla sanzione detentiva irrogata. Dove viene svolto L’attività di lavoro non retribuita viene svolta presso con gli enti pubblici territoriali e le organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato individuati attraverso apposite convenzioni stipulate dal ministero della Giustizia o, su delega di quest’ultimo, dal Presidente del tribunale, a norma dell’art. 2 del decreto ministeriale 26 marzo 2001. Nelle convenzioni sono indicate le attività in cui può consistere il lavoro di pubblica utilità, i soggetti incaricati di coordinare la prestazione lavorativa e le modalità di copertura assicurativa.

 Modalità di prestazione dell’attività lavorativa

L'attività viene svolta nell'ambito della provincia in cui risiede il condannato e comporta la prestazione di non più di sei ore di lavoro settimanale da svolgere con modalità e tempi che non pregiudichino le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute del condannato. Tuttavia, se il condannato lo richiede, il giudice può ammetterlo a svolgere il lavoro di pubblica utilità per un tempo superiore alle sei ore settimanali. La durata giornaliera della prestazione non può comunque oltrepassare le otto ore. Le amministrazioni e gli enti presso cui viene svolta l’attività lavorativa, assicurano il rispetto delle norme e la predisposizione delle misure necessarie a tutelare l’integrità fisica e morale dei condannati.

Compiti dell’Uepe

Il giudice, con la sentenza di condanna, incarica l’ufficio di esecuzione penale esterna di verificare l’effettivo svolgimento del lavoro di pubblica utilità. L’ufficio riferisce periodicamente al giudice. Revoca In caso di violazione degli obblighi connessi allo svolgimento del lavoro di pubblica utilità, su richiesta del pubblico ministero, il giudice che procede o quello dell’esecuzione (con le formalità di cui all’art. 666 del codice di procedura penale), tenuto conto dell’entità dei motivi e delle circostanze della violazione, dispone la revoca della sanzione con il conseguente ripristino della pena che era stata sostituita. Avverso al provvedimento di revoca è ammesso il ricorso in Cassazione, che non ha effetto sospensivo. Il lavoro di pubblica utilità può sostituire la pena per non più di due volte.

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